Pacco di Natale: Prodi per salvare l’Europa

Il Natale è tornato ad essere una festa pagana. Prima che i cristiani decidessero che il 25 dicembre fosse la natività di Cristo, il 21 dicembre era già da secoli il giorno da festeggiare perché la luce tornava a riprendersi spazio nella loro vita: oggi il Natale (solstizio d’inverno) è una festa dedicata a venerare il denaro, l’abbondanza e la finta bontà.

Questo è il tempo dello spreco all’insegna dell’apparenza e dell’apparire, quindi nulla di strano che il giornale La Stampa (se a Torino lo chiamano la busiarda un motivo ci sarà) scelga proprio l’antivigilia di Natale per pubblicare una lunga intervista a Prodi sul suo progetto di New Deal elaborato con un gruppo di “esperti” per salvare l’Europa: “questa strategia è una prova d’amore per tutti i cittadini dell’Unione”, dice un Prodi in formato natalizio.

Forse basterebbero gli scongiuri ad evitare le attenzioni amorose di chi ha avuto un ruolo determinante a creare lo sfacelo economico e sociale in cui versano i cittadini dell’Unione. Invece è probabile che Prodi e la linea politica che rappresenta e che si richiama alla socialdemocrazia europea facciano sul serio, che non si tratti cioè solo di auspici natalizi, ma piuttosto di un nuovo patto, da sottoscrivere con l’altra componente europea – quella liberista – di sacrifici, di lacrime e sangue e di difesa strenua del potere e della ricchezza dei così detti poteri forti finanziari.

Così, dopo Corbyn in Inghilterra e Sanders negli Usa, anche Prodi si affaccenda nell’indicare una strada socialdemocratica/liberista-democratica per salvare il salvabile dal disastro economico-finanziario e sociale creato da 25 anni di capitalismo selvaggio.

Prodi propone un new deal europeo che, a differenza di quello americano degli inizi del ‘900 (il quale finanziò la modernizzazione industriale USA), dovrebbe almeno investire sul welfare con l’obbiettivo di ridurre le enormi diseguaglianze tra gli stati e tra le classi sociali.

Illuso, Prodi, per non dire illusionista, come lo sono le disperate proposte di mediazione tra quello che resta del welfare e della tutela del lavoro e l’appetito sempre più vistoso del capitale finanziario.

L’articolo de La Stampa, forse per spirito natalizio, si dilunga a mettere tutti noi sull’avviso che è necessario salvare l’Europa, ma non precisa però da che cosa è necessario salvarla.

Leggendo tra le righe dell’articolo e dell’intervista a Prodi si capisce che il maggior pericolo per l’unità europea sono le politiche dell’Unione europea stessa le quali, allargando enormemente le diseguaglianze, alimentano i populismi, vero spauracchio di Prodi.

In cosa consiste il new deal europeo? In 150 miliardi di euro l’anno, da investire in welfare, cioè in istruzione, in sanità, nell’edilizia sociale, ecc.

Un programma ambizioso che ci viene presentato appunto a Natale già impacchettato e in una grande scatola sotto l’albero spelacchiato dell’Unione europea.

Peccato che sia irrealizzabile, perché, senza una struttura statale europea in grado di guidare le politiche e gli investimenti, resterà solo un bel progetto da utilizzare in campagna elettorale per illudere, appunto, l’elettore.

Non è casuale che il progetto annunciato da Prodi sia stato promosso dall’associazione delle banche pubbliche europee; infatti i 150 miliardi annui (ammesso che mai si avvi il processo) saranno gestiti dall’Europa attraverso le banche europee e nazionali.

No dico, avete presente cosa vorrebbe dire?

Semplice: quando si aprirà il pacco di Prodi, dei 150 miliardi annui di finanziamenti alle politiche sociali resterebbe ben poco; la maggior parte servirebbe a coprire i buchi e le magagne che il sistema finanziario di banche ha creato.

Quando Roosevelt nel 1932 varò il new deal americano per prima cosa mise sotto controllo federale le banche americane proprio per evitare che i fiumi di dollari stanziati finissero a coprire gli enormi buchi provocati dal crollo del ’29.

Oggi in questa Europa avverrebbe il contrario (in parte è già così), cioè le banche (associate) metterebbero sotto controllo definitivamente le politiche economiche e sociali degli stati con buona pace degli europeisti e dell’Europa politica.

Prodi e i socialdemocratici europei e mondiali si illudono che l’Europa possa mediare con chi determina oggi le sue politiche: un po’ di welfare, per tenere buono il popolo schiacciato dalle misure liberiste europee al fine di contenere l’ascesa dei nazionalismi, dei populismi ed anche del ritorno preoccupante del fascismo, in cambio dei 150 miliardi l’anno di euro da gestire.

Già, quando il pericolo era l’URSS e il patto di Varsavia “lor signori” erano più disponibili a mollare i cordoni della borsa per evitare di fare la fine degli Zar di Russia; ora il pericolo non c’è più e i populismi vari possono essere addomesticati, anzi possono essere usati di nuovo nella forma più odiosa quanto le squadre d’azione fascista e nazista contro il popolo e contro i lavoratori che si stanno ribellando.

Ma forse Prodi, Corbyn o Sanders lo sanno benissimo e come Don Abbondio di fronte ai bravi, risponderanno anche loro ai bravi difensori delle politiche neo-liberiste: “Disposto […] disposto sempre all’ubbidienza –. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento”.

Combattere le illusioni e gli illusionisti per cambiare lo stato delle cose: questa è l’unica strada che occorre percorrere, anche tenendo conto che, particolare non da poco, nemmeno il voto fa più paura a lor signori, tanto si decide altrove.

A Natale facciamoci un bel regalo: svegliamoci e scopriremo che l’albero luccicante in realtà è di “plasticaccia”, che i pacchi-regalo sono tutti vuoti, che le canzoni melodiose che sentiamo sono i rumori delle catene che ci tengono legati. Caduta l’illusione, l’illusionista non è più il potente mago ma un ometto insignificante. Prendere coscienza è il primo atto rivoluzionario:

Ci rendono schiavi della materia corporale… e con la televisione e la radio i media ci anestetizzano la mente (John Carpenter, Essi Vivono)

Immagine di copertina liberamente presa qui

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