Ci facciamo una pista? Ragioni, dubbi e riflessioni sul progetto del nuovo aeroporto di Firenze (parte II)

Parte I

Punto 2 – L’inquinamento acustico

L’inquinamento acustico è il problema che, storicamente, affligge l’aeroporto Vespucci di Firenze. Le ragioni sono da ricercarsi nella scelleratezza delle varie amministrazioni pubbliche che si sono succedute negli anni senza mai adottare, e seguire, piani razionali di sviluppo edilizio. Nel 1931 venne inaugurato l’aeroporto di Firenze-Peretola, più o meno nella collocazione attuale, proprio per dismettere la pista di Campo di Marte, la cui espansione era impedita dalla vicinanza di quartieri abitati. L’area prescelta per il nuovo aeroporto era in effetti all’epoca pressoché disabitata, e in particolare lo era la zona acusticamente più critica, lungo la direttrice di decollo e atterraggio, uguale a quella odierna. Ma gli appezzamenti agricoli o addirittura i terreni incolti che circondavano la pista si sono progressivamente ridotti, sostituiti per speculazione edilizia da capannoni industriali e addirittura da civili abitazioni. Il culmine della scelleratezza fu probabilmente toccato nella prima metà degli anni ’80, quando venne edificato l’intero quartiere delle Piagge, destinato ad ospitare migliaia di persone, esattamente sulla direttrice della pista. Pista che, con ulteriore schiaffo alla ragione, venne proprio nello stesso periodo allungata a 1.400 metri per consentirne l’utilizzo ad aerei ancora più grandi e rumorosi. Il risultato è tuttora sotto gli occhi, e nei timpani, di chiunque si rechi alle Piagge: aerei in fase di atterraggio sorvolano in continuazione le abitazioni a poche decine di metri da tetti e terrazze, producendo, oltre ai gas di scarico, rumore e vibrazioni difficilmente sopportabili.

La nuova pista si annuncia come la soluzione definitiva al vergognoso problema dell’inquinamento acustico. Secondo i calcoli effettuati da Toscana Aeroporti, e trionfalmente riportati nei volantini “informativi”, il numero di persone disturbate da un rumore aeroportuale superiore ai 60 decibel si ridurrà drasticamente: da un migliaio a una cinquantina con un traffico analogo a quello attuale, e da 3.400 a poco più di 600 nello scenario dei 48 mila movimenti annui previsto per il 2029. Passando dalla confortante lettura dei volantini agli studi d’impatto ambientale presentati dalla stessa Toscana Aeroporti si scopre che le stime delle persone disturbate si riferiscono però ai soli residenti, e in particolare quelli rilevati nel censimento del 2011. Certamente tale censimento non includeva, ad esempio, le centinaia d’appartamenti residenziali di più recente costruzione lungo il lato Nord di quella che dovrebbe essere la nuova pista. Soprattutto considerare i soli residenti significa escludere automaticamente tutte le migliaia di persone che studiano o lavorano all’interno del Polo Scientifico o nei numerosi insediamenti commerciali dell’Osmannoro e delle zone verso Campi Bisenzio. Tutti questi lavoratori e studenti, oltre 2.600 nel solo Polo, sono stati completamente ignorati nelle ottimistiche stime di Toscana Aeroporti. Ma con l’eventuale costruzione della pista 12/30 si ritroveranno di fatto esposti a elevati livelli di rumore, verosimilmente proprio nelle ore di maggior traffico aereo che più o meno coincidono con quelle delle attività lavorative. Le aule del Dipartimento di Fisica, trasferito a Sesto pochi anni fa, si ritroveranno a 200 metri dalla nuova pista, esposte a un rumore stimato vicinissimo ai 60 decibel. Nelle simulazioni l’area entro cui si prevede il superamento di questo limite sfiora infatti le aule per pochi metri, guarda caso incurvandosi per evitarle d’un soffio. Esistono addirittura quattro strutture sensibili in cui lo studio d’impatto acustico già prevede il superamento dei limiti di legge: due asili, una scuola elementare e una casa di riposo, tutti nel comune di Campi Bisenzio [1] . Ovviamente non si tratta di strutture isolate, ma circondate da abitazioni, alle quali però si applicano limiti di rumore un po’ più alti, entro i quali, seppur di poco, si prevede il rumore aeroportuale possa rientrare. A tutto ciò occorre aggiungere che i calcoli d’impatto acustico effettuati da Toscana Aeroporti si riferiscono al solo parametro di legge, il cosiddetto livello di rumore equivalente, una sorta di rumore mediato su un intervallo di un’ora. È ormai posizione condivisa in ambito scientifico che per le sorgenti caratterizzate da intensi rumori improvvisi intervallati da periodi di relativo silenzio, come accade per gli aeroporti, il livello di rumore equivalente non sia la grandezza adeguata per caratterizzare il disturbo causato dal rumore stesso. Molto più adatto sarebbe il cosiddetto Lmax, che registra appunto i picchi d’intensità sonora. Per quanto ciò sia stato oggetto di formali osservazioni, Toscana Aeroporti si è ben guardata dall’effettuare, e men che meno divulgare, simulazioni d’impatto acustico quantificato con il parametro Lmax. Infine tutte le stime di riduzione del disturbo, oltre a riferirsi ai soli residenti, si basano su due tacite assunzioni: che la vecchia pista, la cui dismissione è prevista solo dopo 5 anni dalla costruzione della nuova, non sia mai usata e che la nuova pista, pur classificata come bidirezionale [2] , sia utilizzata esclusivamente in maniera monodirezionale. Anche una bassa percentuale di decolli o atterraggi indirezione Firenze causerebbero infatti un forte impatto acustico su migliaia di residenti dell’abitato fiorentino più vicino all’aeroporto.

Negli anni Ottanta furono costruiti nuovi quartieri laddove una pista esistente produceva un forte impatto acustico. Adesso, dopo più di trent’anni, si progetta a ridosso di un complesso Universitario con laboratori e aule una nuova pista sulla cui direttrice d’atterraggio esistono asili, scuole e abitazioni. Invertendo l’ordine dei fattori la scelleratezza, purtroppo, non cambia.

 

Punto 3 – Gli inquinanti atmosferici e l’impatto sanitario

Va detto subito che l’utilizzo di una pista di 2.400 m con orientazione 12/30, come quella prevista nel masterplan, non comporta di per sé nessun particolare problema in termini d’inquinamento atmosferico. Il dato di gran lunga più rilevante è infatti il volume di traffico aereo: se questo crescerà a ritmi non sostenibili, il conseguente aumento d’emissioni inquinanti aggraverà ulteriormente la già critica situazione della Piana, sia con la nuova che con l’attuale pista. I rassicuranti dati riportati nei volantini di Toscana Aeroporti, che indicano come trascurabili le emissioni aeroportuali rispetto a quelle del traffico veicolare, sono purtroppo del tutto privi di senso perché il traffico veicolare a cui si riferiscono è quello dell’intera provincia di Firenze, che si estende per oltre 3.500 km2. Sarebbe come confrontare il monossido di carbonio prodotto da una singola stufa con quello delle auto di una città e affermare che, per la sua relativa piccolezza, il primo può essere tranquillamente rilasciato all’interno dell’appartamento in cui la stufa si trova! Per quanto sia poca cosa rispetto a tutte le altre sorgenti inquinanti sparse nella provincia, l’inquinamento prodotto dagli aerei in decollo e atterraggio può comunque aggravare in maniera rilevante la situazione di specifiche zone popolate intorno all’aeroporto. Proprio per questo lo studio d’impatto ambientale prevede che siano effettuate complesse simulazioni, così da avere stime quantitative sia delle emissioni legate alle attività aeroportuali, sia della loro diffusione e ricaduta sulle aree circostanti. Le simulazioni presentate da Toscana Aeroporti appaiono in effetti tutt’altro che rassicuranti, ma non tanto per i risultati ottenuti, quanto piuttosto per le modalità con cui sono state condotte.

La dispersione dei gas di scarico e delle polveri sottili dipende in maniera determinante dalle condizioni meteorologiche. I modelli numerici di simulazione funzionano pertanto a partire dalle condizioni meteo tipiche della zona d’interesse, che insieme alle sorgenti inquinanti costituiscono i dati d’ingresso. Lo studio d’impatto ambientale presentato in prima istanza da Toscana Aeroporti riportava simulazioni di diffusione d’inquinanti aerei basate sulla meteorologia di un solo anno, il 2010. Dal punto di vista scientifico la cosa è di per se già molto discutibile perché, come s’intuisce, un unico anno non può caratterizzare la variabilità meteorologica di una certa zona, con la naturale alternanza di anni più o meno freddi, più o meno piovosi o più o meno ventosi. Come se non bastasse da un controllo effettuato dal LaMMA sui dati meteo d’archivio è emerso che il 2010 è stato uno degli anni più piovosi dell’ultimo mezzo secolo, con una pioggia cumulata e un numero di giorni piovosi nettamente superiori alle medie climatologiche. E, come noto, la pioggia evita il ristagno di inquinanti in atmosfera. Questa clamorosa quanto inaccettabile “leggerezza” è stata ovviamente segnalata al Ministero il quale, nel luglio 2015, ha richiesto ai proponenti di ripetere gli studi di diffusione degli inquinanti utilizzando i dati meteo di almeno 10 anni, e preferibilmente 30. L’espediente escogitato dallo studio d’ingegneria incaricato da Toscana Aeroporti è stato quello di ripetere le simulazioni sempre sui dati di un solo anno, ma scegliendolo all’interno di un decennio secondo un criterio di “tipicità”. In pratica è stato selezionato, su 10 anni, l’anno con le condizioni meteo più vicine a quelle medie, che è risultato il 2008. Per sostenere la validità di quest’approccio con cui i proponenti hanno formalmente soddisfatto le richieste del Ministero sono state citate pubblicazioni scientifiche che adottano lo stesso metodo di selezione. Queste pubblicazioni non hanno però niente a che fare con la diffusione degli inquinanti, ma riguardano stime di consumi energetici per il riscaldamento domestico, e non a caso. L’anno tipico dal punto di vista meteo serve egregiamente allo scopo di valutare le spese di riscaldamento perché il consumo energetico è una grandezza di cui ha un senso effettuare la media: se un anno è più freddo del normale spendiamo di più, ma poi nell’anno più caldo risparmiamo e quindi la spesa media risulta praticamente uguale a quella dell’anno che rientra nella norma. Ma per l’inquinamento atmosferico le cose non funzionano affatto così. Due anni in cui l’inquinamento si mantiene entro i limiti, ad esempio al 70% di essi, non sono affatto equivalenti a un anno particolarmente “pulito”, al 10% dei limiti, seguito da uno in cui si superano ampiamente, al 130%. Eppure la media aritmetica è la stessa: (70+70)/2=70 e (10+130)/2=70. Purtroppo i danni e i rischi dell’inquinamento, principalmente per la salute umana, non sono grandezze a media aritmetica, e respirare per un certo tempo aria buona giova certamente, ma non annulla i rischi del respirare poi aria inquinata oltre i limiti tollerabili. Ecco perché un esperto d’inquinamento atmosferico ben difficilmente avrebbe seguito un simile approccio. Ma i veri esperti, si sa, sono tali proprio perché seguono scienza e coscienza, indipendentemente dai desideri dei loro committenti.

Sulla falsariga dello studio d’impatto ambientale, quello sull’impatto sanitario calcola l’aumento del rischio di sviluppare patologie, dall’asma fino ai tumori, prendendo a riferimento i valori medi annui d’inquinanti dell’anno tipico. Non sorprende quindi che i risultati ottenuti siano incredibilmente bassi: per registrare un singolo caso di tumore attribuibile alle emissioni aeroportuali occorrerebbe aspettare, secondo queste stime, un centinaio d’anni. Nella Piana Fiorentina non sono però i valori medi annui a rappresentare la vera criticità dell’inquinamento atmosferico, quanto piuttosto i valori giornalieri e orari. I dati ufficiali delle centraline di misurazione dell’ARPAT (Agenzia Regionale di Protezione Ambientale della Toscana) parlano chiaro: mai nessun superamento dei limiti di media annua ma moltissimi superamenti dei limiti giornalieri di polveri sottili e ossidi d’azoto, anche oltre il numero massimo fissato dalla legge.

A ben guardare lo studio d’impatto ambientale per gli inquinanti atmosferici, più o meno corretto secondo le indicazione della Commissione di Valutazione ministeriale, contiene comunque informazioni di una qualche rilevanza, ma tutt’altro che rassicuranti. Ad esempio i risultati di una campagna di misura commissionata dagli stessi proponenti il progetto conferma i problemi, noti, della qualità dell’aria nella Piana di Sesto (in 4 settimane di misure sono stati registrati ben 13 superamenti del limite di legge per le polveri sottili). Oppure i valori massimi di concentrazione di ossidi d’azoto risultanti dalle simulazioni che, pur non essendo riportati come dato numerico, si possono desumere da un grafico [3] riportato per altri scopi, che ne rappresenta l’andamento durante tutto l’anno 2008 (con valori fino ad oltre due volte i limiti di legge).

Se, come detto, le emissioni inquinanti degli aerei non possono di per sé essere imputate alla nuova pista, ben diverso è il discorso legato alla sua costruzione. La fase di cantiere per la realizzazione dell’opera, la cui durata sarà di diversi anni, comporterà la movimentazione di milioni di metri cubi di terra, per la deviazione del Fosso Reale e il riempimento del lago di Peretola e dei bacini di laminazione del Polo, peraltro scavati di recente e già popolati da aironi, fenicotteri e varie specie di uccelli acquatici. La stima dell’inquinamento prodotto da questi imponenti lavori si può leggere sullo studio d’impatto ambientale e appare preoccupante: per gli ossidi d’azoto medie annuali molto basse ma picchi giornalieri molto alti, prossimi o addirittura superiori ai limiti di legge; per le polveri sottili medie giornaliere altissime, fino a 2-3 volte i limiti di legge all’Osmannoro e al Polo, e valori medi annuali comunque consistenti che, sommati al fondo esistente, potranno contribuire in maniera determinante allo sforamento dei limiti. Tutto ciò sarebbe ovviamente evitato con il mantenimento della pista esistente.

 

Note

[1] Si tratta, per la precisione, dell’asilo infantile “Sacro Cuore”, della scuola elementare “Emilio Salgari”, della casa di riposo “Mimosa” e dell’asilo nido “Staccia Buratta”.

[2] La classificazione bidirezionale, che rende formalmente possibile l’utilizzo nei due sensi, è indicata dalla stesso codice con cui sarà registrata la nuova pista, 12/30. Il 12 sta infatti per la direzione di 120 gradi Nord, che punta verso l’abitato di Firenze, e il 30 per 300 gradi Nord, che è la direzione opposta, verso la Piana.

[3] Figura 101 a pag. 140 del documento INT-AMB-01-REL-001, scaricabile qui. A pag. 49 dello stesso documento si trovano anche i risultati delle misurazioni di qualità dell’aria effettuate dagli stessi proponenti il progetto.

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